Cronache tra il 600 ed il '700

Il contrassegno notarile

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di Giuseppe Ruberto

Gli archivi sono il luogo della memoria, una memoria da decifrare, interpretare. tradurre...Tra i fondi archivistici che mi hanno trasmesso quel sapere storico ci sono sicuramente gli antichi rogiti dei nostri notai. Documenti, questi, che a renderli fruibili sono in pochi a saperlo fare! Una volta compreso il loro linguaggio il rogito si apre come il sipario di un palcoscenico dove il regista è il notaio, l'aiuto-regista è il giudice a contratto, gli attori sono la comparsa dei contraenti, il pubblico sono i testimoni.

Il nostro regio notaio acquista la publica fides, il potere di dare valore pubblico ai suoi atti che compilava e sottoscriveva con la sua firma, preceduta da un piccolo disegno detto "Signum" (simbolo difficilmente da imitare) costituito da un disegno elaborato a mano con ornamenti geometrici e decori floreali di gusto artistico dell'epoca. con in alto il segno di una croce.

Apposto al documento, permetteva di distinguere inconfondibilmente il singolo notaio e di certificare l'autenticità dello scritto.

In conclusione per il regio notaio del tempo il signum era “emblema” forse molto più meritato di quelli trasmessi dalla nobiltà per eredità di sangue. 

Usato fino all'inizio del XIX secolo venne sostituito con l'incisione su legno o metallo simili ai timbri che oggi conosciamo.

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Nella foto alcuni signum tabellionis appartenenti ad alcuni notai di Sambiase che rogarono  nel Settecento.

Giuseppe Ruberto, ricercatore e divulgatore storico.

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