In ricordo di Elvira Bruno

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Elvira Bruno D’AndreaElvira Bruno D’Andrea
Una vita sofferente donata alla famiglia ed ai “ragazzi fuori”

A cura di G.Ruberto

Nata a Roma il 21 aprile 1952  e morta a Lamezia Terme il 16 maggio 2006.(1) La nascita di Elvira coincide con un momento molto delicato per la sua famiglia. Nel 1950, due anni prima, il padre Salvatore, uomo responsabile e gioviale, a causa dell’alluvione del fiume Po, a Rovigo  perde la libreria (agenzia dell’UTET) e, senza soldi e lavoro, porta la famiglia (ci sono già due figli: la sorella Nicla ed il fratello Franco) a Roma ospiti della nonna materna Cristina, che amorevolmente mette a disposizione una stanza e cucina della sua già piccola casa.

Ma poi, con l'aiuto dei parenti, si costruisce un altro locale e le cose vanno un po' meglio. Ma il lavoro non è sufficiente per tirare avanti ed il capofamiglia decide di recarsi dal fratello a Foggia, anche lui con un’agenzia Utet. Intanto, nasce Elvira. Ad appena un anno di età partecipa ad un dramma enorme in famiglia. Nel 1953, appunto, muore lo zio Massimo, fratello più piccolo della madre Adriana, mentre sta giocando in giardino con il fratello Franco, e cerca di aprire una scatoletta trovata nel prato: una paurosa esplosione rivela la natura di bomba di quello che forse sembra un giocattolo. Il corpo dello zio è dilaniato ed il fratello riporta ferite da schegge alle gambe, che dopo ripetuti interventi  chirurgici arrivano alla guarigione. La prima infanzia di Elvira è marcata da un clima familiare per niente tranquillo. Nel 1954 il padre ottiene la direzione dell'agenzia UTET di Potenza e riunisce la famiglia, in quanto nel frattempo Nicla e Franco si trovavano nei collegi di Bibbiena, vicino a Firenze, ed Ischia. La mamma aiuta il papà nel lavoro ed una ragazza tuttofare ed affettuosa si occupa dei figli che spesso porta nella sua campagna vicino casa, soprattutto nel tempo della vendemmia, o dell’uccisione e lavorazione del maiale, che nel Sud assumeva un clima di festa e con i connotati di un vero e proprio rito comunitario. La domenica, tempo permettendo, è dedicata alle scampagnate nei boschi o al mare.

Elvira cresce vivace, allegra, esuberante, briosa, con un grande entusiasmo per la vita che si andava scoprendo giorno per giorno. La sua voce riempie il tempo e l’abitacolo della giardinetta durante i viaggi che la famiglia fa per andare in vacanza nei luoghi di balneazione (sul tirreno: Marina di Camerota, Palinuro, Praia a Mare; sullo Jonio: Villapiana) o per andare a trovare i nonni a Roma o a Trani, o gli zii, fratelli del padre, sparsi con le loro agenzie Utet, in tutta la penisola italiana (Milano, Mestre, Bari, Padova, ecc.).
Elvira Bruno D’Andrea "La casetta in Canada" era da Elvira bambina la più gettonata durante i lunghi percorsi in macchina. Le piaceva molto anche ballare, estroversa ed espansiva, socievole accendendo simpatia e benevolenza da parte di tutti.
Elvira ha molta resistenza al dolore fisico. Infatti, all’età di sei o sette anni, durante una passeggiata in campagna cade facendosi male al braccio; non sentendola lamentare i familiari pensano ad una banale distorsione invece aveva il polso fratturato. In quel frangente i medici però non si accorgono della cardiopatia.
Dopo pochi anni, a circa 10 anni, si manifestano problemi di salute, con frequenti stati febbrili e marcata debolezza fisica.
I medici elaborano diagnosi contraddittorie senza riuscire a comprendere la causa, che viene fuori con chiarezza troppo tardi, ormai quando i reumatismi avevano già provocato una grave patologia cardiaca.
La fanciulla viene sottoposta a cure farmacologiche che la limitano anche nelle relazioni umane e nelle normali attività fisiche. La vita familiare subisce un mutamento di fondo. I genitori iniziano la via crucis dei medici nella speranza di trovare una soluzione: Roma, Perugia e cartelle cliniche che vengono indirizzate ai massimi cardiochirurghi italiani.

Elvira cambia radicalmente, diventa taciturna, e pure un raffreddore è una tragedia e il controllo delle medicine e degli esami un’angoscia.
Dopo la prima media, i medici consigliano un clima meno rigido, in particolare nei periodi invernali per non aggravare ulteriormente il suo stato di salute, molto precario. Viene portata in un collegio femminile ad Eboli gestito da suore, dove risiede per due anni raggiungendo risultati alti di profitto scolastico, soprattutto nelle materie letterarie. Ma ci si rende conto che deve essere trasferita in un clima ancor più mite. Allora i genitori la portano nel collegio di Foggia retto da suore marcelline spagnole, che le consentono di partecipare alle esequie di Padre Pio da Pietralcina, verso cui, nel periodo maturo, arriva a nutrire una profondissima devozione, al punto che spinge il coniuge ad accompagnarla, carica di intenzioni di preghiera, pochi anni fa, prima che venga colpita dal tumore, insieme ai figli Chiara e Giuseppe.
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In questo collegio frequenta le prime due classi dell’Istituto Magistrale confermando la sua propensione per le materie umanistiche. Ormai adolescente e stanca di stare lontana dalla famiglia e dai suoi amici più cari, insiste di tornare a Potenza per concludere i suoi studi superiori. Nel frattempo i genitori la portano a visita medica dal Prof. Actisdato, noto cardiochirurgo in servizio a Torino, il quale approva il desiderio di Elvira in quanto il clima di Potenza, pur molto rigido d’inverno, è però secco; ma sconsigliava l’intervento al cuore per la rischiosità dovuta al livello tecnico non ancora adeguato per la patologia cardiaca di Elvira. Parere confermato dal noto cardiochirurgo Azzolina, in servizio a Bergamo.
Elvira rimane, dunque a Potenza dove consegue la maturità magistrale col massimo dei voti, confermando le spiccate tendenze verso le discipline umanistiche.
Nel frattempo, vive una gioventù piena di interessi, coltiva tante e nuove amicizie.

Elvira ha proseguito i suoi studi iscrivendosi all'Istituto Superiore per i servizi sociali di Potenza diplomandosi, nell’anno accademico 1974-75, col massimo dei voti e sviluppando, insieme all’amica del cuore e compagna di studi Rosalba Cioffi, una tesi di statistica su “Relazioni interpersonali e personalità autoritaria. Contributo sperimentale”, che tra l'altro e pochi anni dopo, trova pubblicata tra il materiale didattico di un master frequentato a Taranto.
Comunque gli anni passano, pur sotto l'apparente tranquillità della famiglia, con preoccupazioni sempre più pesanti. Infatti Elvira, anche se non lo da ad intendere, soffre sempre più la sua situazione di salute.
Prosegue senza interruzione la sua cura farmacologica, ma momenti di fibrillazione mettono a nudo una situazione di progressivo di aggravamento.
Un giorno entra in libreria della famiglia un uomo dall'aspetto singolare, indossando un pantalone a quadrettoni ed una camicia anch'essa a quadretti. Un aspetto tipicamente americano. Chiede delle pubblicazioni di tecnica chirurgica, in lingua francese. Senza titubanza ne acquista 4 volumi, e, notando incredulità dei familiari, si presenta come cardiochirurgo venuto dagli Stati Uniti per avviare il nuovo centro di cardiochirurgia dell’Ospedale civile “San Carlo” del capoluogo lucano. E’ il prestigioso cardiochirurgo prof. Ugo Filippo Tesler. Comprendendo la grandissima personalità medica di livello mondiale, i familiari sottopongono la situazione di Elvira, raccontando tutte le vicissitudini che aveva affrontato. Il Professor Tesler, che aveva una gran fretta, con la generosità e l’essenzialità che caratterizzano il profilo di una persona di straordinario spessore, chiede di poter ricevere per posta in America tutto il materiale sanitario (lastre, elettrocardiogrammi, telecuore, cure farmacologiche, ecc.). Cosa che viene eseguita dalla famiglia con grande tempestività e riaccesa speranza.

Dopo circa 15 giorni il dott. Tesler con una telefonata invita a portare Elvira per i primi di Agosto al Debora Hospital di Filadelfia.
Si vive un momento di enorme commozione. Elvira si appresta a vivere il cosiddetto “viaggio della speranza”, la speranza di una nuova vita aperta al futuro.
Infatti, il primo agosto del 1973, Elvira, accompagnata con trepidazione dal papà e dalla mamma, decolla dall'aeroporto di Fiumicino per gli USA.
Passano 12 giorni e sono già di ritorno, a casa circondati dalla commozione del resto della famiglia, parenti e di tanti amici.

Elvira appare un'altra persona con una incontenibile vitalità, al punto che nessuno è in grado di starle al passo. Con slancio partecipa alle feste, organizzate a turno nelle case delle amiche e degli amici, e si balla e ci si diverte con la freschezza del mondo giovanile del ceto medio degli anni ’60-’70, con in testa il desiderio di esplorare in libertà il mondo, respirando l’aria della contestazione culturale e studentesca pur arrivando con soffio lieve nelle contrade di una piccola cittadina del profondo Sud. Quel Meridione rappresentato realisticamente dal film “Rocco e i suoi fratelli” che Elvira citava spesso. Gioca a tennis, va in piscina. Emerge la frenesia di voler recuperare tutto il tempo perso e cancellare l’angoscia della fanciullezza e dell’adolescenza.
Il suo itinerario professionale inizia con quattro anni di maestra di scuola elementari nelle scuole di remotissimi paesi della Lucania. “Diverse volte mi ha raccontato di classi difficili ed a rischio nonostante alunni di scuola elementare, in cui qualche ragazzino arrivava con un coltello in tasca e lo tirava fuori minacciosamente e pericolosamente con atteggiamenti da bullo”, racconta il coniuge Filippo.
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“E lei con tanta pazienza e amore educativo – aggiunge - convinceva l’alunno, spesso di famiglie difficili, a cambiare atteggiamento sia verso i compagni che nei riguardi della maestra”.
Elvira nel frattempo affronta un concorso per assistente sociale nel Ministero di Grazia e Giustizia che supera con successo, tanto da permetterle di scegliere la sede , e su consiglio dei genitori, sceglie Napoli (Centro di servizio sociale per adulti in via Colli Aminei) con servizio presso l’enorme e rischioso carcere di Poggio Reale, comprese le zone di Avellino e Benevento. E’ il 1979 e Filippo, allora fidanzato, studente universitario, la accompagna spesso con la macchina (a Torre Annunziata, Pozzuoli, Torre del Greco, Ercolano, S. Giuseppe Vesuviano, Nola, Pianura, ecc. fino ad Avellino, Benevento), soprattutto per sentirsi rassicurata e protetta, in quanto ambienti sociali, quartieri piuttosto pericolosi, incutono un certo timore ed invitano ad avere molta prudenza.
Col trasferimento a Napoli lascia le sue amicizie. Rosalba l'amica del cuore, anche lei vincitrice dello stesso concorso ed assegnata ad Alessandria. Va a trovarla in una tappa del suo viaggio di nozze(2), diretti a Taizè in Francia, per fare un’esperienza spirituale in questa comunità spirituale, fondata da Frère Roger Schulze, frequentata da tempo dal coniuge.
Elvira nel 1981 in viaggio di nozze in Francia Si sposano precisamente il 14 giugno del 1981 nell’antico santuario di Dipodi, in Calabria. E dal loro matrimonio avranno due figli. Attualmente, Chiara, laureata a Firenze, dove vive e lavora, e Giuseppe, studente del Liceo delle Scienze Sociali “T. Campanella” di Lamezia Terme. Due figli avuti nonostante il parere contrario dei medici per la sua patologia cardiaca frutto del suo grande coraggio interiore, del forte desiderio di avere una famiglia e della sua robusta fede in Dio.
Dopo qualche mese di matrimonio decidono di trasferirsi in Calabria, precisamente a Lamezia Terme (città natale del marito), e prende servizio presso il Centro di Servizio Sociale per Adulti di Catanzaro.
Elvira s’impegna anche volontaristicamente e collabora per oltre un ventennio ai corsi diocesani di preparazione al matrimonio trattando con grande competenza disciplinare ed esperienza professionale i possibili rischi di devianza dei figli(3). Nel volume dove è inserito l’argomento trattato con i fidanzati vocati alla famiglia cristiana scrive: “Occorre prevenire le eventuali occasioni che potrebbero condurre alla devianza, rimuovere le cause che producono comportamenti a rischio, o, comunque fuori dalla norma legale e avviare un itinerario educativo, sia dando fiducia, sia stimolando la riflessione/revisione, sia avviando progetti di vita nei quali siano coinvolti non solo i minori ma anche i genitori, i nonni, gli insegnanti, la Comunità tutta, queste appaiono le strade concrete e realmente risolutive”(4).
Elvira relaziona in convegni sulle problematiche giovanili, segue con spirito cristiano di solidarietà e gratuità innumerevoli situazioni familiari difficili con figli a rischio.
Il 1989 passa alla Giustizia Minorile come educatore coordinatore prima presso l’Istituto Penale Minorile di Catanzaro, e l’anno successivo fino al 1995 è distaccata presso la Casa Circondariale di Lamezia Terme. Nel 1995 è assegnata al Centro di Prima Accoglienza ed il 1997 è sostituta del direttore reggente presso l’Ufficio Centrale per la Giustizia, mansioni espletate, congiuntamente a quelle di educatore coordinatore sia nel Centro di Prima Accoglienza che successivamente nella Comunità Ministeriale, fino ad ottobre 2002.
elvi3Elvira nel 2006 responsabile delll’Ufficio Ministeriale di Mediazione Penale per i Minori di Catanzaro.
La sua carriera professionale prosegue con successo, divenendo, con disposizione datata 12 ottobre 2002, responsabile della Mediazione Penale Minorile del Centro per la Giustizia della Calabria e Basilicata, ed entrando subito a far parte dell’équipe interistituzionale del Centro di Attività di Mediazione, già operante da anni in via sperimentale presso il Centro per la Giustizia Minorile di Catanzaro. In tale veste si prodiga per aprire un centro ministeriale per i minori a Lamezia, che non riesce a vedere inaugurato a causa della morte precoce.
I colleghi hanno detto durante la messa funebre: “una vita interamente dedicata agli altri, alle centinaia di adulti e ragazzi incorsi nelle maglie della giustizia, alla sua famiglia, ai colleghi, sembrava non potesse finire mai. Fiduciosa nel futuro, disposta sempre a credere nella parte migliore dell’essere umano e nelle più improbabili capacità di pacificazione, animata anche da un incrollabile fede. Elvira – hanno continuato con affetto e commozione - ha saputo insegnarci a guardare oltre. Con un pazienza indescrivibile e la sua grande bontà fino all’ultimo istante della sua vita ha pensato agli altri, così la vogliamo ricordare, carica di fascicoli e con la borsa di lavoro stracolma, alla fermata, in attesa di un pullman che questa volta la porta in un ultimo viaggio, a quella destinazione finale dove merita di giungere chi nella vita ha sofferto eppure ha saputo dare, in silenzio, senza disturbare nessuno”.
E la direttrice generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari del Dipartimento della Giustizia Minorile dott. Serenella Pesarini, nella sua lettera al coniuge, aggiunge: “Elvira ha avuto la grande capacità di fornirci anche questa, che per noi consiste nel continuare la sua encomiabile opera di generosità e grandezza d’animo”(5).
Gli ultimi due anni di vita è colpita da un devastante tumore che, insieme al cuore già precario, la porta alla morte il 16 maggio 2008(6).
Elvira Bruno D’Andrea, riceve l’estrema unzione dalle mani del nuovo vescovo di Locri - Gerace mons. Giuseppe Fiorini Morosini, amico fraterno di famiglia. Nell’omelia della messa funebre Mons. Vincenzo Rimedio, vescovo emerito di Lamezia Terme, sottolinea il suo impegno come relatrice esperta nei corsi diocesani al Matrimonio, la dedizione verso il coniuge Filippo, ormai affermato intellettuale, impegnatissimo nella vita ecclesiale e nella cultura, e lo spirito evangelico di cui era impregnata la sua professione. E mons. Luigi A. Cantafora, vescovo di Lamezia Terme, nell’omelia della messa del mese, rileva l’amore profondo per i figli, Chiara e Giuseppe, e il senso cristiano con cui ha vissuto la malattia.
Elvira ha avuto un altissimo senso del lavoro, strutturato da una forte coscienza morale e da un ferreo valore della giustizia etica. Il richiamo della giustizia l’ha spinta a diversi atti di coraggio, con rinunce e situazioni di sofferenza morale profonda(7).
Il Ministero della Giustizia ha riconosciuto questa robusta testimonianza intitolando a lei, a soli cinque mesi dalla morte, il 25 ottobre 2008, il Centro di servizi sociali per minori del Ministero della Giustizia a Lamezia Terme, il quale è stato frutto del suo impegno tenace e determinato da Responsabile della Mediazione Penale della Giustizia minorile della Calabria e della Basilicata(8). Scrive l’alto dirigente del Ministero della Giustizia Serenella Pesarin: “La dedizione al lavoro e all’impegno sociale, la profonda partecipazione alle situazioni più controverse, l’affermazione delle qualità morali hanno fatto di Elvira costante esempio di abnegazione e altruismo. (…) E’ imperativo per noi, pertanto, affidare e consegnare alla società una testimonianza tangibile del suo straordinario impegno intitolandole il nuovo Centro di Servizi Sociali per i Minori della Giustizia di Lamezia Terme”(9).
Ella, colpita da un tumore, non è riuscita a vedere completata la sua opera, ma rimane segno della sua testimonianza luminosa di amore profondissimo per i più piccoli ed indifesi: gli adolescenti senza grembo familiare, ai margini o esclusi dalla società, lontani da una esistenza dignitosa; i cosiddetti “ragazzi fuori”, che cercava con tutta se stessa di riportarli “dentro”.
Dentro una vita più umana, in una comunità civile più accogliente e più fraterna; dentro un cammino di futuro, per scorgere una luce di speranza, per costruire il sogno della propria salvezza, un sogno di salvezza.

Le conclusioni a Giuseppe. Egli, nella estrema drammaticità di essersi trovato solo, ed a soli 16 anni, nel tentativo eroico, praticando il massaggio cardiaco, di salvare la mamma dal suo ultimo respiro, è stato consacrato testimone del trapasso tra l’esistenza terrena e l’ingresso in Cielo, dove merita di approdare ogni mamma che vive in pienezza e bellezza l’amore generante e oblativo per i figli. Una piccola fotografia della mamma ha posato sulla lapide, la stessa immagine che custodisce preziosamente nel portafoglio, e con infinita essenzialità di figlio profondamente amato, vi ha scritto a margine e con compiuta tenerezza: “Ciao mamma, ti voglio bene. Mi manchi”.

 
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Note:
(1) Il presente profilo raccoglie, in riferimento ai periodo della vita, i contributi del coniuge prof. Filippo D’Andrea, della figlia dott.ssa Chiara, del figlio Giuseppe, studente del Liceo delle Scienze Sociali; della sorella prof.ssa Nicoletta e del fratelli librai, in particolare Giordano; dei cognati, in particolare Fabrizio che, data la giovane età, è cresciuto come un figlio più che come un fratello per Filippo ed Elvira; di colleghi della Giustizia Minorile.
(2) La foto del 1981 risale al viaggio di nozze in Francia.
(3) Le sue relazione sull’argomento sono in sintesi nel capitolo da lei firmato su Possibili rischi di devianza dei figli in: P. Giovanni Cozzolino e Prof. Filippo D’Andrea (a cura di), Il matrimonio e la famiglia. Itinerario di preparazione cristiana, Padri Minimi, Lamezia Terme Sambiase 2001, pp. 98-100.
(4) Ivi, p. 98.
(5) Lettera del Ministero della Giustizia-Dipartimento Giustizia Minorile del 3.12.2008, prot. n. 38696.
(6) Profili biografici sono apparsi su periodici: Red.(Redazione), Un ricordo di Elvira Bruno D’Andrea. Il suo impegno a favore dei minori a rischio. Intitolato a lei il Centro Ministeriale dei servizi sociali minorili, in Il Lametino, n. 109, novembre 2008, p. 19; Senza firma (la redazione), Intitolato ad Elvira Bruno D’Andrea il Centro di servizi sociali per i minori, in Reportage, anno 47, nn. 21-22, del 1-30 novembre.
(7) In questi momenti difficili si confrontava con persone che stimava grandemente, in modo particolare con il dirigente del Centro di Giustizia Minorile di Catanzaro dott. Mellea ed il sindacalista dott. Cantafio.
(8) L’annuncio della intitolazione è stato dato dalla stampa: Eugenia Cataldi, Servizio sociale minori, nuova sede. Inaugurata la struttura della Provincia per i detenuti, in Il Quotidiano del 25.10.2008, p. 33; Maria Scaramuzzino, Disagio minorile, aperta in via Gronchi un nuovo sportello del ministero, in Gazzetta del Sud del 25.10.2008; articolo sulla pagina web: www.lameziaweb.biz/new.asp?id=8061.
(9) Lettera del Ministero della Giustizia-Dipartimento Giustizia Minorile del 3.12.2008, prot. n. 38696.

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