Don Ciccio Grandinetti, pioniere del cinematografo a Nicastro e Sambiase

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Don Ciccio Grandinetti, pioniere del cinematografo a Nicastro e Sambiase

di Luigina Parlati

[….] Ripensavo ai momenti di splendore che il cinema aveva avuto nella nostra città, ad opera soprattutto di un intelligente impresario, Don Ciccio Grandinetti (nato a Sambiase l’11 dicembre del 1896). Ero bambina quando mi recavo al cinema Umberto I a vedere i films di Tom Mix sgranocchiando noccioline. Non c'era ancora il parlato e quindi una specie di colonna sonora era fornita da una piccola orchestrina diretta dal maestro Bernardino Benincasa, che suonava il violino insieme ad una òsignorina, non so se sua parente o amica, mentre al pianoforte suonava la signora Porzia Colacino.

Il locale era modesto, meno profondo di quello attuale perché privo dell'odierna zona dei palchetti, mentre erano aggiunti dei posti a gradinata su di un soppalco collocato in fondo alla sala.
Francesco Grandinetti che già aveva avviato giovanissimo a Sambiase nel 1915 una struttura comprendente cinema e teatro, gestiva pure a Nicastro, insieme ad un socio, il sig. Vincenzo Servidone, l'Umberto I, il cui restauro gli venne affidato dal podestà cittadino, barone Cesare Nicotera di Martà. In quell'occasione, il cinema - teatro venne pure ampliato con l'aggiunta della zona dei palchetti, ed usato talvolta per rappresentazioni teatrali anche di dilettanti (nota la Filodrammatica Nicastrese già ricordata dalla rivista “Storicittà”).

Con straordinaria lungimiranza aveva capito che l'invenzione dei fratelli Lumiere (guarda caso realizzata nel 1896, lo stesso anno di nascita di Don Ciccio!) avrebbe conquistato i mercati e che il cinema avrebbe esercitato in avvenire un'irresistibile attrazione sulle folle come moderna forma di spettacolo. Qualche tempo dopo, negli anni Trenta, in un'arena all'aperto collocata nel cortile della Caserma Borelli ('u Quartiari), adiacente all'Umberto 1, fu proiettato con grande gioia di noi ragazzi il primo film sonoro, una commedia brillante con Elsa Merlini, «La segretaria privata». Da allora il cinema iniziò la sua ascesa fortunata con grande afflusso di pubblico. Nel 1925 Francesco Grandinetti con la sua coraggiosa intraprendenza aveva costruito insieme a Ferdinando Bilotti uno stabilimento balneare in quella che era allora considerata la marina di Nicastro, e cioè la località di Gizzeria Lido. Era questa allora una spiaggia a erta, costeggiata da povere case di pescatori che allineavano sulla sabbia le barche nei momenti di riposo. Si protendeva sul mare una banchina, ora interrata, dalla quale i ragazzi più spericolati facevano i tuffi.

Chi avesse voluto fare un bagno, per potersi spogliare e poi rivestire, doveva costruire una rudimentale capanna con un lenzuolo sostenuto da canne strappate dai vicini canneti. Questi ripari provvisori erano chiamati ciambre, e spesso le famiglie vi trascorrevano, riparate dal sole, un'intera giornata, perché già il solo viaggio col carretto richiedeva diverse ore.
Per quei tempi lo stabilimento balneare fu una straordinaria novità ed un elemento di progresso. Con le sue cabine di legno, gli ombrelloni e le sedie a sdraio, con la sua rotonda su cui prendere il fresco sorbendo qualche bibita, fece fare alla spiaggia un salto di qualità, consentendo alle famiglie più abbienti, già dotate di mezzi più celeri delle povere carrette dei contadini, di recarsi più spesso al mare, potendo andare e tornare anche in mezza giornata. Così negli anni Trenta la cittadinanza di Nicastro e di Sambiase poteva fare le sue vacanze, i bambini potevano divertirsi, i giovani intrecciavano idilli, le signore nei morigerati costumi potevano godere il refrigerio di un bagno. Ci fu però un giorno una violenta tromba d'aria, che scoperchiò alcune cabine sollevando nuvole di sabbia. Ricordo ancora lo spavento e la costernazione provata quando si seppe che era annegato il giovane giudice Gatti, la cui barca si era rovesciata. Lo stabilimento, riparato, continuò poi la sua attività ed in seguito ceduto all'imprenditore Flavio Gioia.

Francesco Grandinetti con tenacia ed avvedutezza investiva anche in altri campi: negli anni '40 e '50 attratto dall'agricoltura, si dedicò ad essa con particolare interesse. D'altronde il suo paese d'origine, Sambiase, era a quei tempi un florido centro di produzione agricola e si può dire che non ci fosse abitante, povero o ricco, che non possedesse un po' di campagna o di vigna. Ma la passione principale per Don Ciccio restava sempre il cinema. Uno dopo l’altro ne costruì tre: durante la guerra il teatro Grandinetti con relativa arena all'aperto, poi il cinema Capitol (anni '50) e poi accanto, nella stessa struttura, l'Astra (primi anni '60). Si potevano così offrire contemporaneamente tre films e agli spettatori restava soltanto l'imbarazzo della scelta.
A Sambiase funzionava pure il nuovo cinema ricostruito in muratura da Grandinetti dopo che il primo era andato distrutto in un incendio a causa della struttura in legno. Le pellicole, pertanto, andavano e venivano da Nicastro. Nel Teatro Grandinetti erano accolte anche compagnie teatrali, attività continuata sino a qualche tempo fa. Quando non c'era ancora la tv ad immobilizzarci su di una comoda poltrona, risparmiandoci con il telecomando anche la fatica di alzarci per cambiare canale, il cinema era l'unico svago che ognuno potesse permettersi dato il costo non elevato del biglietto. Era l'occasione di uscire di casa la sera e di incontrare qualche amico.

Nei primi anni del nostro matrimonio, io e mio marito ci andavamo spesso, portando con noi il primo bambino, fomiti di un poppatoio pieno di latte per sfamarlo e tenerlo buono durante la proiezione. Poppava, ma seguiva con gli occhi lo schermo e, quando nei films western si profilava una carica di cavalieri, mollava tutto e batteva con entusiasmo le manine gridando: «I cacalli! I cacalli!» Sarà nato da impressioni infantili il suo attuale interesse per i cavalli e l'equitazione?

Se penso a quei lontani tempi felici, ancora più allucinante mi sembra la serata in cui una vecchia signora si è ritrovata a seguire da sola in una sala deserta un film triste quanto mai? C'erano ancora cavalli e cavalieri, ma in un'atmosfera cupa e grigia, per me quasi un simbolo dei segni mutati, del declino di una mentalità e di un costume che aveva accompagnato tanta parte della mia vita e che ormai, insieme con me, volgeva al declino.

Le sale che un tempo erano traboccanti di pubblico, in cui tanti bambini gioiosamente seguivano i cartoni animati (quante favole godute insieme ai nipotini!), sono ormai deserte. Il Capitol è chiuso da tempo, il teatro Grandinetti è per ora inagibile, ('Astra è stato chiuso per restauri dopo quell'ultimo, per me indimenticabile, film di Olmi.

A Don Ciccio Grandinetti, scomparso il 22 marzo 1978, è stata risparmiata questa tristezza. E pensare che un tempo qualche malevolo, invidioso della sua fortuna, gli rimproverava di avere il monopolio delle sale cinematografiche e di fare cosi il bello e il cattivo tempo! Ed ora? Nell'ultima stagione sono stati proiettati films in prima visione su piano nazionale, senza suscitare particolare entusiasmo, né c'è alcuno che rivendichi per sé il monopolio delle sale cinematografiche. Tristezza dei tempi e volubilità dei gusti!

Eppure, a distanza di anni, nonostante la crisi attuale del cinema, è giusto ricordare l'operosa attività ed i grandi meriti di Don Ciccio. Conosceva gli umori della gente, cercava di assecondarne i gusti, godendo si dei suoi profitti, ma anche della soddisfazione che gli dava il suo impegno per una promozione sociale e culturale della sua città. Ed era un uomo buono, che aveva saputo conservare nel successo e nella fortuna un'innata modestia ed affabilità; insieme alla moglie, Giovanna Pileggi (1897 - 1989) donna pia e caritatevole, faceva del bene con offerte generose per chi avesse bisogno. Dal loro matrimonio sono nati due figli: Peppino (classe 1923) e Michele (1927 - 1990) i cui rispettivi primogeniti (entrambi nati nel 1957) portano il nome dell'illustre nonno.
Con la sua operosità e le sue iniziative Don Ciccio Grandinetti ha inciso fortemente nel tessuto sociale cittadino. Mi pare giusto rendere questo tributo di riconoscenza alla sua memoria.

Nb: L'articolo è tratto da "Storicittà", (mensile illustrato diretto dall'Editore e Resp. M.Iannicelli),pag.10-13 anno X, n°98 Luglio-Agosto 2001,Tip. Stampa Sud - Lamezia Terme. E' severamente vietata la riproduzione salvo autorizzazione: email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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