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Eduardo Fiore

maiuto VITA ED OPERE DEL PITTORE EDUARDO FIORE *

(Sambiase 17 luglio 1831- San Benedetto Ullano 13 aprile 1916)

di Giovanni Orlando Muraca

Nel vasto panorama degli artisti calabresi dell'Ottocento, ancora da scoprire e valorizzare, è sicuramente da annoverare il pittore Eduardo Fiore, che frequentò attivamente, condividendone gli ideali e la poetica, uno dei più importanti pittori italiani dell'Ottocento: Andrea Cefaly, fondatore, nel 1862, della cosiddetta "Scuola di Cortale" alla quale diede il nome di "Società degli Artieri".

Eduardo Fiore nacque a Sambiase, attuale Lamezia Terme(1), il 17 luglio 1831, da Francesco Saverio Fiore (nato a Sambiase nel 1781), di professione farmacista e da Aloisia Tropea (nata a Sambiase nel 1791), di professione "reggitrice di casa". Ritengo, innanzi tutto, importante chiarire alcune divergenze che si hanno sul nome di battesimo del pittore, giacché gli studiosi, non tanti in verità, che si sono occupati nel passato della sua attività, non concordano sul reale nome dell'artista. Il Frangipane, ad esempio, in un suo articolo apparso sulla rivista "Brutium", nel 1932, lo chiama Edoardo. Altri studiosi, più vicini a noi, lo chiamano Eduardo.
Dall'atto di nascita che si conserva nel comune di Sambiase, anno 1831, n°112, si evince, invece, che il pittore è stato dichiarato all'anagrafe del medesimo comune, con il nome di Odoardo, che è stato tramandato ai posteri modificato, sicuramente per un difetto di pronuncia. Lo stesso pittore, in alcune sue tele, si firmò col nome Eduardo, assimilando appieno la modifica che le persone che vivevano accanto a lui avevano attuato.
Il Fiore fin da giovanissimo dimostrò una particolare attitudine per la pittura, attitudine che trovò una prima fase di perfezionamento nello studio del pittore Domenico Ruffo di Catanzaro.
Successivamente, all'età di 23 anni, fece richiesta all'Amministrazione Provinciale di Catanzaro di un vitalizio annuo che gli permettesse un ulteriore perfezionamento presso il Reale Istituto di Belle Arti di Napoli.
Di questo periodo sono alcune tele, conservate in collezioni private di Lamezia Terme, di discreta fattura: del 1854 è il ritratto del vescovo di Nicastro, Nicola Berlingieri, che si trova nel Museo Diocesano; una pala d'altare, raffigurante una Madonna col Bambino, datata 1855, commissionata dalla signora Caterina Saladini, la quale è raffigurata nella parte bassa del quadro ai piedi della Madonna mentre offre, in umile gesto di devozione, il proprio cuore. La pala, di notevoli dimensioni (260x160), è contraddistinta da una fresca composizione delle figure e, nella parte centrale, da inserzioni naturalistiche che lasciano chiaramente vedere le influenze che ebbe lo studio del naturalismo palizziano sulla formazione del pittore sambiasino. Una pittura, quella della pala, non ancora pienamente matura, ma già pregna degli sviluppi che troveremo nel Fiore degli anni successivi. Dello stesso periodo è anche il ritratto post mortem della piccola Saveria Saladini, datato 1857 e intitolato: A Saveriuccia, questa è la via del cielo.

Dopo la proficua esperienza napoletana, che gli permise di maturare e consolidare il suo talento, Eduardo Fiore fece ritorno nella terra natia, dove già nel 1862 era accanto ad Andrea Cefaly (18271907) e Michele Lenzi (1834-1886) a far parte di quella breve ma magnifica "esperienza culturale" che comunemente viene indicata come: Scuola di Cortale, attiva tra il 1862 ed il 1875, voluta e fondata dal Cefaly per dar "respiro artistico e culturale" ad una regione da sempre mortificata ed abbandonata al suo destino, non solo nel periodo post-unitario.
A Cortale iniziò la carriera artistica di Fiore che fu contraddistinta "da esiti abbastanza maturi, in cui predominano istanze classicistiche ben circostanziate, temprate a nuova linfa da un sentito afflato lirico di cultura romantica"(2). E nello stesso paese il pittore sambiasino operò per alcuni anni.

I rapporti artistici con Napoli restarono vivi, per Eduardo Fiore, anche nel periodo cortalese e molti sono i documenti che attestano la sua presenza alle Promotrici della città partenopea. Nel 1868, presentò la sua prima opera, Il servo dell'artista, la quale fu accolta con un discreto giudizio da parte della critica: "...un quadrettino, ammirevole per verità, per accuratezza e per perfetta intonazione..."(3) .
Alla sesta Promotrice, del 1870, espose un quadro titolato, La vanitosa, che non fu accolto bene dai critici del tempo. Uno di loro espresse questo giudizio:" ...è una mezza figura, quasi grande al vero, (...), rappresentante una giovinetta seduta innanzi ad uno specchio, nuda fino al basso ventre. Il concetto, ed il modo onde è svolto non mi sembrano prestarsi alla lode, oltreché la tinta delle carni è troppo violacea"(4) .
La stroncatura non scoraggiò il Fiore che nel 1875 si ripresentò con un dipinto intitolato, Gli innamorati, il quale minuziosamente venne descritto sul "Giornale di Napoli", che recensiva la mostra: "... .seduti alle due estremità di un divano in un simpatico salottino essi si mostrano nei loro visi, nelle loro pose uno di quei malumori che sorgono tanto frequente fra due giovani per un nonnulla, allorquando essi sono già inseriti dalla vita tutto sentimento e concessioni reciproche degli amanti dei primi giorni ed entrati in quella più intima di fidanzati. (... ). Questa espressione così vera delle figure è unita ad un'esecuzione accuratissima. Il costume del giovane, la stoffa del divano, la carta delle pareti; il solaio, tutto è una gradazione di grigio (... ), voi ritrovate tutta la differenza ch'è tra la lanetta ed il creton, il parato ed il pavimento incerato... "(5).
E sempre dalle pagine del "Giornale di Napoli" che apprendiamo della presenza alla Promotrice dell'anno successivo, 1876, alla quale partecipò con tre dipinti. Tra le righe del lungo articolo, a lui dedicato, emergono apprezzamenti che non lasciano dubbi sul suo talento: "... il fondo del dipinto dimostra che il pittore sa che cosa sia l'eleganza"(6).
Eduardo Fiore ebbe un carattere animoso ed irrequieto manifestatosi sia nell'arte (nota è la lettera che Andrea Cefaly, nel 1873, indirizzò al giureconsulto catanzarese, nonché suo amico, Antonio Serravalle, per ottenere un qualche aiuto in favore del suo allievo sambiasino che "artisticamente bastonò un Vice Pretore che lo aveva insultato, ed ora dovrà discutersi la causa in appello" che nella vita privata. Testimonianza di ciò è il fatto che, nel 1868, precisamente il 14 maggio, gli nacque un figlio, Felice, da una relazione avuta con la giovane cortalese Marianna Greto, con la quale si sposerà il 12 agosto del 1876. Esperienza questa certamente non facile da gestire in un periodo ed in una regione dominata da convenzioni sociali e culturali restrittive. 11 figlio Felice giovanissimo fu avviato alla pittura dal padre, fino a raggiungere discreti risultati artistici (molte sue tele sono presenti in collezioni private di Nicastro e Cosenza e in chiese di paesi della provincia cosentina: Rende, Luzzi).

Nel periodo cortalese, Eduardo Fiore ‘modificò’, se così si può dire, le tematiche ed i soggetti delle proprie opere, dando alla sua arte una connotazione ed una valenza politico-sociale che sicuramente era frutto dell'ambiente che si era creato nella Scuola di Cortale, sotto la spinta del suo carismatico fondatore, Andrea Cefaly che, in quegli anni, andava ripetendo che: " ...ogni artista farebbe meglio a trattare il soggetto del proprio paese (...) i costumi, l'indole e le passioni"(7).
A confermare che il pittore sambiasino aveva assimilato appieno i dettami sugli studi demologici del maestro Cefaly, dettami tra l'altro condivisi con tutti gli altri allievi della Scuola di Cortale, che misero a punto un comune stile basato sul linguaggio verista e su scelte iconografiche orientate per lo più verso i soggetti della cultura popolare calabrese, ci restano alcune tele tra le quali una menzione particolare merita un quadro, di piccole dimensioni (50x60), che ha per titolo: La bandiera italiana (costumi cortalesi), firmato e datato 1864, conservato in collezione privata. Nel quadro, che raffigura un interno di casa borghese, descritto minuziosamente negli oggetti, sono presenti sia i temi patriottici, che stavano particolarmente a cuore ad Andrea Cefaly, che quelli demologici. Le sette figure presenti nella composizione, quattro adulti e tre bambini, tutte in costume tipico, sono "accomunate" tra loro, senza distinzione di classe, dal simbolo dell'Unità d'Italia, la bandiera, e soprattutto dal ritratto dell'artefice di tale unità: Giuseppe Garibaldi che campeggia, sulle sette figure, in un quadretto attaccato in alto alla parete della stanza.
È interessante notare che lo stesso Garibaldi fu nominato dal Cefaly, nel momento della sua fondazione, presidente onorario della Società degli Artieri, per dar lustro e spessore a tale iniziativa, che si pregiava, tra l'altro, dei rapporti culturali con alcuni dei migliori uomini di pensiero, d'arte e d'azione di quel periodo: Giuseppe Mazzini, Giuseppe Verdi, Saverio Raffaele Mercadante, Salvatore Caro, Domenico Morelli e Filippo Palizzi.
Il Fiore, attraverso la composizione di questo dipinto, sicuramente tra i più belli del ciclo ispirati a tali tematiche, lascia un segno tangibile dell'aria che si respirava in quegli anni: un periodo segnato, o forse "sognato", dalla volontà di ri-costruire un futuro basato sul concetto "d'unità", inteso nei più svariati aspetti.
Le tematiche regionalistiche, con la raffigurazione dei costumi tipici lametini si ritrovano, inoltre, nelle seguenti tele: uno straordinario Ritratto femminile, databile intorno al 1880, che ha come soggetto, la bellissima Giovanna Di Cello. La giovane donna è ritratta in abito da sposa e lascia traspirare un'acerba sensualità, dal la quale il Fiore non rimase certamente immune, vista la cura che dedicò nella realizzazione di questo quadro. La donna indossa uno sfavillante "corredo di ori nuziali" (collana d'oro rosso con regolatore di lunghezza e pendaglio a forma di fiore con incastonate pietre, lunga 120 cm circa; orologio d'oro rosso con figura d'angelo incisa sulla cassa ed anello d'oro rosso) che fortunatamente è arrivato fino a noi. Il bozzetto su legno (21x16,5), che sicuramente sarà servito al Fiore per la realizzazione di un successivo ritratto di grandi dimensioni su tela, del quale non si hanno notizie, raffigurante il poeta vernacolare sambiasino Pietro Antonio Marasco (Sambiase 1846 - Serrastretta 1896), è realizzato con pennellate decise, veloci che ne esaltano l'eleganza compositiva e il cromatismo acceso e fluido.
Le stesse caratteristiche cromatiche si ravvisano in un altro dipinto, su tela, di piccole dimensioni (26x33), che raffigura una Giovane col marito, Gaetano Renda, il giorno delle loro nozze. La donna è ritratta con l'abito nuziale tipico del paese natio, Sambiase. Da segnalare, infine, per quanto riguarda i ritratti in costume tipico, il Ritratto di Giuseppina Vescio con figlio Domenico, conservato, come tutti quelli summenzionati, in collezione privata.
Del pittore sambiasino resta, oltre ai quadri già citati, un cospicuo numero di opere.
Da ricordare, per quanto riguarda le tele d'ispirazione religiosa, “esemplare su schemi di ricorrente e stabilizzata iconografia neoclassica e manieristica"(8), la bellissima Sacra Famiglia, del 1885, di osservanza raffaellesca, conservata nella Chiesa Matrice di Sambiase. Ultimamente è stata anche individuata una Sacra Famiglia, olio su lamiera, di dimensioni minori (40x50), conservata in collezione privata di Catanzaro, che è identica a quella appena menzionata e non è, quindi, da escludere che sia servita come lavoro di prova per la successiva realizzazione della tela sopra citata.
Un'Annunciazione, che non è datata, si trova nella Chiesa dell'Annunziata di Sambiase. La tela è stata "restaurata", nel 1995, da un pittore locale che ne ha rifatto totalmente la parte superiore (la figura del Padre Eterno, della quale restavano integre solo le mani) andata distrutta a causa di un incendio. L'intervento di restauro, o sarebbe meglio (lire il rifacimento, seppur nel rispetto dell'impianto iconografico originale, è stato portato avanti senza nessun criterio filologico. Le foto che documentavano il quadro prima del restauro non ne mettono, però, minimamente in dubbio la bellezza trattandosi di una fedele citazione dell'Annunciazione di Scipione Pulzone (Napoli, museo di Capodimonte). Nella stessa Chiesa dell'Annunziata, si conserva un'altra tela del Fiore, raffigurante S.Lucia e S.Filomena, dipinta nel 1864. Anch'essa è stata restaurata, nel 1995, ma fortunatamente non ha subito grossi danni dal momento che non presentava zone lacunose vistose. Nella tela "le due figure in primo piano sono immerse in un rigoglioso paesaggio naturale, e, nel ritmo estensivo (lei piani, presenta dettagli di una pittoricità quasi materica con ricercati e delicati effetti di luce tonale"(9).

Notevole interesse suscitano, anche, le quattro tele ovali raffiguranti, I Misteri Gaudiosi, dipinte nel 1882, (Presentazione di Gesù al Tempio, la Natività, Gesù fra i dottori, la Visita di S. Elisabetta, manca l'Annunciazione) custodite nella Chiesa del S.S. Rosario di Falerna.
Le tele, originariamente, erano posizionate lungo le pareti della navata centrale, fermate per mezzo di cornici sagomate a stucco, entro le quali trovavano perfetta sistemazione.
Tutti e quattro i dipinti s'improntano allo stesso cromatismo pittorico, nel quale predominano i rossi, vinati e variati nelle vesti dei personaggi, che caratterizzano le composizioni citate.
Lo schema compositivo presenta equilibrio e misura e le forme sono rese con buona evidenza, sia dal punto di vista del rilievo che della conoscenza anatomica in esse realizzata'(10).

Ad arricchire ulteriormente la produzione pittorica del Fiore ci rimane una vastissima serie di ritratti, conservati per lo più in collezioni private, che si distinguono per la cura del disegno e dei caratteristici dettagli. Questi dipinti celebrativi, nella maggior parte dei casi, non sono né firmati né datati ed un'attribuzione certa al pittore sambiasino si può avere dal particolare vezzo che egli aveva: inserire sempre nel contesto del quadro un fiore, che richiamava esplicitamente il suo cognome.
Tra questi meritano (li essere ricordati i ritratti: dell'avvocato Procopio nel suo studio, datato 1866; di Don Bruno Sinopoli, parroco di Maida nonché zio e precettore del filosofo Francesco Fiorentino; due ritratti di Giovanni Maria Cataldi, uno in divisa da comandante garibaldino, l'altro in abiti civili; il ritratto di Carolina Scalfaro; il ritratto del proprietario terriero Antonio Pileggi, raffigurato con a fianco una pianta di vite; un ritratto maschile che chiameremo "dell'Agrimensore", nel quale il soggetto è stato ritratto con l'attrezzo cardine del suo mestiere: il metro a rullina. Il ritratto in questione è arricchito dalla presenza di una bellissima immagine devozionale raffigurante l'Immacolata Concezione che è una chiara citazione, per l'identico impianto iconografico e per la stessa finezza delle mani, dell'Immacolata Concezione dipinta, nel 1678, dal pittore sivigliano, Bartolomè Estebam Murillo (1617-1682).
Il ritratto di Don Gaspare Mazzei (Arciprete Curato dal 1866 al 1881) e, presumibilmente, il ritratto di Don Pasquale Villella (Arciprete Curato dal 1893 al 1898), ambedue conservati nella Chiesa Matrice di Sambiase.
Il piccolo ritratto (28x33) di Basilio Fiore e consorte, rispettivamente fratello e cognata del pittore. Due distinti ritratti raffiguranti, due Dame nicastresi, nei quali di pregevolissima fattura pittorica sono le vesti indossate, fatte di broccato e minuziosi merletti. Il ritratto di Salvatore Borrelli. Ed infine due ritratti raffiguranti gli esponenti, un uomo ed una donna, delle famiglie Mascaro e Sinopoli, conservati presso la famiglia Castaldi di Sambiase.
Irrimediabilmente persa è una serie di ritratti che raffiguravano gli antenati della famiglia Brunetti di Sambiase, a causa dei maldestri "restauri" che hanno subito. Evidentemente, se ancora oggi accadono queste cose, è segno che nella formazione o nelle preferenze letterarie di chi si improvvisa "restauratore" non rientra la vastissima letteratura che si occupa nello specifico del "restauro conservativo". Assistiamo così a vere e proprie "aggressioni" nei confronti delle opere d'arte che, invece di subire questi sleali attacchi, dovrebbero essere preservate, solo ed esclusivamente, dal certosino lavoro che compie l'inesorabile tempo.

Un capitolo a sé, per quanto concerne la ritrattistica, si ritaglia una decina di ritratti post-mortem di fanciulli, eseguiti tra il 1855 e il 1905. I ritratti di questi bambini, dipinti forse con una certa stereotipia formale, sono estremamente interessanti, per i loro aspetti contenutistici e formali. Tra questi ricordiamo il già citato ritratto di Saveria Saladini, del 1857, quello di Cherubina Conforti, di Vincenzo Renda, di Francesco Davoli, del piccolo Rocco De Grazia, morto accidentalmente, all'età di tre anni, e raffigurato con un vestitino da femminuccia, della piccola B. Mascaro, quello di Giovanni Costabile, e di Pasquale Mastroianni morto nel 1905, all'età di due anni.
Particolare riguardo bisogna dedicare al Ritratto post mortem di Luigi Giudice nato nel 1876 e morto nel 1896, conservato nel Museo "Luogo della memoria" di Lamezia Terme, e al Ritratto post-mortem, di notevoli dimensioni (210x 153), di Angelo Montisanti, morto di tisi il 12 ottobre 1865, all'età di 21 anni, raffigurato assieme al padre Giovanni, il quale sulla tela dedica al figlio una toccante epigrafe commemorativa che così recita:


Miro ah! dolore di un dolente padre
aver perduto iI suo caro Figlio in verde etade.
Unico caro pegno e sollievo imprimerti sempre amorosi
baci sulle vaghe tue labbra e di stringer sempre questa mano
che io tocco di contemplar di continuo i tuoi begli occhi,
e di leggere in essi la tua tenerezza, o amato figlio.
Addio... Angelo mio!


Il ritratto del solo volto del giovane Angelo Montisanti come era d'uso a quei tempi, era stato eseguito nell'immediatezza del decesso e successivamente "cucito" sulla tela di grandi dimensioni, dove era stata realizzata la composizione della figura. A tal proposito, da segnalare anche il bozzetto preparatorio, olio su cartone, per Ritratto di bambina, conservato in collezione privata di Lamezia Terme.
Eduardo Fiore, nel corso della sua lunga carriera, fu artista t tiro e misurò le sue capacità artistiche nelle svariate tecniche pit che, dedicandosi, inoltre, anche al restauro di antiche tele. Un queste tele, raffigurante una Madonna col Bambino – Odigitria, si trova attualmente nella Chiesa del Carmine a Sambiase. Sulla tela era presente, prima della "pulitura" effettuata dalla Soprintendenza, nel 1988, la firma e la data del restauro che il Fiore eseguì, per sua devozione, nel 1866.
Sul Fiore affrescatore ci sono diverse e discordanti tesi, al punte che il grande ciclo d'affreschi, presente nella cupola della Basilica dell'Immacolata a Catanzaro, viene, a mio avviso, erroneamente attribuito al figlio Felice (1868-1958), anziché a lui. E evidente, come d'altronde si evince dalle parole dello storico Frangipane, il quale assistette personalmente a quei lavori, che fu proprio Eduardo Fiore ad affrescare la cupola: "...il buon don Edoardo che noi abbiamo conosciuto bel vecchio e pieno di cortesie quando affrescava la cupola dell'Immacolata a Catanzaro"(11). Tuttavia, non è da escludere che del lavoro fosse stato incaricato il figlio Felice, attivo già in quegli anni, che, trovandosi dinanzi alla grande conca della cupola, con tutte le complicanze che questo lavoro comportava, chiese consigli e collaborazione al padre Eduardo che attivamente partecipò alla realizzazione dell'affresco. La cupola è affrescata con una finta architettura che "rompe idealmente la barriera architettonica, sintetizzando in una raggiera, costituita dal prolungamento dei sedici pilastri del tamburo, la struttura della cupola. Dietro appare il cielo solcato (la nubi e scene allegoriche. Intorno al fascio di luce circolare della lanterna sono disposti dei puttí, che recano i simboli della passione del Cristo"(12).
Nel Palazzo Amendola di Nicastro è presente un piccolo affresco raffigurante una Scena Campestre. L'affresco, di forma ovale (130x 100), è firmato e datato nella parte inferiore: " Eduardo Fiore dipinse nel 1832". Ma proprio questa data ci pone problemi di attribuzione, giacché il Fiore, come è noto, nacque nel 1831.
La Scena Campestre, per le caratteristiche cromatiche e per la qualità pittorica, è sicuramente da attribuire al Fiore, precisamente ai primi periodi napoletani, quando era pervaso dalle influenze del naturalismo palizziano (Filippo Palizzi, 1818-1899) che, d'altronde, lo accompagnarono per l'intera sua produzione artistica. Probabile, quindi, che la data posta sull'affresco sia stata "ritoccata", per lo staccamento di un pezzo d'intonaco, durante i vari restauri che ha subito il palazzo, costruito nel 1830, il quale, tra l'altro era ricco d'affreschi eseguiti, alla fine dell'Ottocento, dallo Zimatore, oggi andati distrutti.

Eduardo Fiore trascorse gli ultimi anni della sua lunga vita a San Benedetto Ullano, in provincia di Cosenza, dove si era trasferito al seguito del figlio felice, che nel piccolo paese cosentino, nel 1904, si era sposato con Eleuteria Conforti. (Qui, probabilmente, collaborò con il promettente figlio godendosi le ultime forze. Si spense il 13 aprile del 1916.


Note
1- Dal 1 gennaio 1968 il comune di Sambiase, assieme ai comuni di Nicastro e Sant'Eufemia, è stato unificato nella nuova realtà municipale denominata Lamezia Terme.
2- Pingitore, T., Andrea Cefaly e la scuola di Cortale, a cura di Tonino Sicoli e Isabella Valente, E- d. AR&S, 1998, p. 99.
3- L'Esposizione della Promotrice, in "Giornale di Napoli", IX, n. 159, 13 giugno 1868.
4- L'Esposizione della Promotrice, in "Giornale di Napoli". XI, n. 138, 21 maggio 1870.
5- L'Esposizione della Promotrice, in "Giornale di Napoli", XVI, n. 85, 27 marzo 1875.
6- L'Esposizione della Promotrice, in "Giornale di Napoli", XVII, n. 115, 27 aprile 1876.
7- Cefaly, A., Pensieri Artistici, 1890, in Frangipane, A., La prima mostra d'arte calabrese, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo,1913.
8- Pingitore, T, Andrea Cefaly e la scuola...,op. cit., p. 99.
9- Ibidem
10- Campisani, U., I dipinti di Eduardo Fiore nella chiesa del SS. Rosario a Falerna, in "Brutium", LV,1975, n° 1.
11- Frangipane, A., Cefaly e Antonio Serravalle. .., in "Brutium", X1,1932, n° 1-2.
12- Pino, M., Pittura ed esperienze artistiche nella provincia di Catanzaro dell'Ottocento, Lamezia Terme, Fratelli Gigliotti Editori,1999, p. 61.


* "Vita ed opere del pittore Eduardo Fiore" di Giovanni Orlando Muraca è stato tratto da: Ottavio Cavalcanti (a cura di),"Un pittore meridionale tra ispirazione religiosa e sguardo antropologico", Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (Cz), pp.23-32 .