Cronache tra il 600 ed il '700

Nobili, notabili e titolari di jus patronatus, cappelle e confraternite nel casale di Sambiase tra il '600 e il '700.

✍️di Giuseppe Ruberto, ricercatore e divulgatore storico.

Quando il secondogenito di Ferrante I d'Aragona, Federico andò al trono Federico nel 1496 proclamava Nicastro Contea per darla al suo fido Marcantonio Caracciolo. Fu in questo periodo storico che il feudo di Sambiase - e già mai prima - che divenne casale della Contea di Nicastro, assieme ai feudi di Zangarona, Feroleto e Maida. I Caracciolo svendono la Contea nel 1608 (per debiti protratti dovuti allo sfarzo) per 138.000 mila ducati ai Signori d'Aquino, principi di Castiglione.
Le antiche famiglie feudali dei Ruffo, dei Pignatelli, degli Spinelli , dei Sanseverino, dei Carafa favorirono in Calabria la mercantilizzazione dei loro feudo non fecero eccezione anche gli stessi d’Aquino i cui loro vassalli della Contea di Nicastro vivevano nel lusso e nella corruzione.
Nel casale di Sambiase i cosiddetti “Patruni” furono solerti per istituire jus patronatus nelle loro proprietà di campagna e cappelle nelle chiese principali del paese.

Fondano benefici per assicurarsi la messa di suffragio, si riservano il diritto di designare il sacerdote che per lo più appartiene alla loro stessa famiglia. La loro “nobilita è direttamente proporzionata all'arco dei portali.
Negli spazi posti sui lati della chiesa Matrice, S. Francesco di Paola e del Carmine, i loro altarini, muniti di tele pittoriche o una statua, il cui soggetto richiama il santo protettore della “propria” congregazione o comuneria… chi dello Spirito Santo, chi dell’Anime de Purgatorio, chi SS. Sacramento etc.etc.. Viene riportato che nei loro statuti ..una mirabile gara di cristiana pietà! Ma così non era. Le istituzioni erano che tutt'altro che "pie" .
Il riposo del loro corpo in quei luoghi era suffragato nei testamenti. Era d’obbligatorio cedere una piccola parte dei loro beni alla Confraternita, che poteva essere in ducati o in beni immobili. Alcuni vescovi richiedevano la 4^ parte. Tutto ritornava nella famiglia clericale.
l ceto dei poveri veniva seppellito sul luogo di morte ( spesso nelle campagne) oppure nelle fosse comuni all'interno delle chiese e delle stesse cappelle. I bambini a Sambiase venivano sepolti nella congrega dell'Annunziata, i morti di sangue -ammazzati- in quella di S.Rocco (patronatus Renda), quella di S.Marco per accompagnare i morti, quella di S.Nicola (patronatus Panzino) S.Sofia (patronatus Fabiano di Maida) S.Michele Arcangelo (patronatus de Fiore) etc. Nel 1691 gli abitanti di Sambiase erano 1300 di cui 10 sacerdoti e 8 chierici appena dieci anni dopo 1701 la categoria dei chierici passò da 8 a 36 .
Quest’aumento fu motivo di dissenso nella diocesi in modo particolare i chierici coniugati e selvaggi sovrabbondavano rispetto alla popolazione. A dire il vero qualche vescovo non disdegnava di accaparrarsi parte dei beni immobili sotto il beneficio di queste confraternite. Si scopre che anche lo stesso clero locale era a caccia di rendite. L’Ordinario preposto non poteva intervenire, diciamo così, dovendosi attenersi soltanto alle cose spirituali!
Le famiglie in gran parte si erano consociate con l’investiture clericale quale giusto mezzo di sistemazione ed accaparramento dei fondi terrieri . Le ordinazioni clericali erano un mezzo per stare meglio per vivere oziosi! Le cronache riportano che furono ordinate persone immorali e persino delinquenti per sottrarli ai tribunali laici. Qualcuno è stato ordinato con patrimonio fittizio come tale sir Pietro di Jesi del casale di Sambiase.
Le nostre cappelle ( come in tutto il territorio italiano) sono state fondate dai signorotti locali per accedere il loro potere sulle masse, sfruttando l’influenza stessa della chiesa diocesana. A Sambiase le famiglie nobili viventi erano Amendola, de Fiore, de Jesi, i Frappa, i Nicotera, i Pugliese, i de Rossi, i Turco. Queste famiglie formarono una vera consorteria in modo particolare avevano costituito attraverso le proprie comunerie dei beni che rappresentavano un tesoretto per se, e la stessa Curia.
Dall'altra parte vi era un clero ignorante perché in tutta la diocesi si fa poco uso della cultura si legge in una visita ad limina.
Il modus vivendi dei Principi patroni con sede a Napoli erano presenti nelle nostre realtà meridionali. Numerose erano i viaggi dei giureconsulti sambiasini verso la capitale del regno. Tra questi quelli appartenenti alla famiglia Budera, Amantea, Petronio, Paladino De Jesi e Turco. I de Fiore, che erano Marchesi di Simeri e baroni di Cropani con la città partenopea vi commerciavano.
Gli interessi procrastinarono col tempo dei litigi tra le varie caste civili e religiose. Onnipresenti le liti tra le stesse congreghe locali sambiasine. Spesso si scontravano per il diritto di precedenza nelle processioni. Il tema aveva già coinvolto gli Ordini religiosi della Madonna del Carmine e quelli di S. Francesco di Paola.
Vi erano invece i cosiddetti diaconi servienti , chierici celibi e coniugati i che godevano di privilegi particolari, tra cui quello di non poter essere giudicati se non nel Foro ecclesiastico. Avevano un parte di esenzioni dei pesi fiscali. Addirittura anche le moglie dei chierici coniugati pretendevano di godere in criminali bus sotto il beneficio del foro.
I jus patronati agli inizi del ‘700 a Sambiase erano in crescita come già ricordato. La Curia ne informa l’arciprete e a seconda l’orbita ne svolge una relazione . Fu così che la famiglia di Giovambattista Paladino originario di Conflenti si vide rifiutata dall'arciprete Petronio l’istituzione della chiesa rurale nella loro proprietà in località S.Sidero.
La famiglia Nicotera era titolare jus patronatus di S.Margherita ed S. Annibale nel fondo rustico del Martà. I de Fiore quella del Carminello, la famiglia Notarianni ( originaria di Nicastro) nella località S.Minà etc.etc.Costoro avevano le prelazione nei banchi della chiesa, alla menzione nelle preghiere, in parte diritti effettivi, quali ad esempio la possibilità, in caso di sostituzione del parroco, di presentare candidati per l'incarico alle autorità ecclesiastiche e di porre il veto al subentro nell'incarico di persone non gradite. Inoltre era diritto (inizialmente) del Patrono di essere seppellito nella sua chiesa. Questa posizione storica di Patrono (o Benefattore) è anche visibile oggi nelle numerose opere artistiche delle menzionate chiese. La vanità al posto dell’umilità. Alcune cronache riportano che in quel tempo anche il vescovo avesse al suo seguito dei suoi sbirri. Tra le aggressioni (di cui si trova riscontro, documentale) quella del vescovo Angeletti contro i Padri Minimi dell’Ordine di S.Francesco di Paola avvenuto nel 1726. Un episodio questo dimenticato dai cronisti locali del tempo.
Non mancarono presso gli ecclesiastici atti delinquenziali. Il clero partecipava ai vizi del popolo. Gli interessi procrastinarono dei contrasti tra le varie caste civili e religiose. Si avvelenano i vescovi. I delinquenti guidati spesso da preti irrompevano negli episcopati. Nel primo ventennio del ‘600 furono ammazzati nel circondario di Nicastro diversi sacerdoti come sostiene il mio amico Vincenzo Villella in uno dei suoi lbri il cui tema "La calabria della rassegnazione."Nella stessa città durante il Capitolo venne assassinato un chierico appartenente ad una delle tante fazioni presenti. Fecero una "mala morte" nel primo decennio dell’ottocento gli Arcipreti del casale di Sambiase, Grasso e Grandinetti. Entrambi rapiti e uccisi. Non mancarono i sacerdoti. Tale don Antonio Davoli fu trucidato nel bosco Ospitale assieme al dottore in Legge, Francescantonio Funaro . Furono assassinati anche il notaio Antonio Cataldi e i suoi due figli maschi. Il sacerdote Tommaso Renda in contrasto con il notaio Iannazzo ebbe a rifugiarsi in un convento della città di Stabia.
Un vescovo ebbe a dire: ”…solo la divina pietà in questo ribollente mare di iniquità.. ”. Nella città di Catanzaro il 21 dicembre 1801 venne ucciso il vescovo Mons. Giovanni Battista Maria Marchese.
Nel casale si andava consolidando la piccola borghesia terriera. Numerosi era ricorrente il titolo onorifico di Magnifico e Don (in generale era così in tutte le altre realtà calabresi ed oltre) dove in seno al nucleo familiare la "professione" del chierico era una missione inderogabile assegnata- anzi imposta- ad uno dei figli maschi da parte del proprio capofamiglia . Certi schemi sono stati gli antesignani in tutto il territorio calabro..come il proliferarsi delle sette paesane! A Sambiase se ne alzarono una nel 1810 sotto il vessillo che nacque a Grimaldi, un'altra nel 1850 sotto il vessillo della città di Napoli ed un'altra nel 1892 autoctona con riti di iniziazione ...il cui capo fondatore a Sambiase fu un sacerdote padre di numerosi figlioli etc.etc..etc.
Attraverso alcuni censimenti ne ravvisiamo la numerosa presenza. Con l'arrivo dell’esercito di Napoleone nel 1806 inizio a un certo cambiamento. Si disciplinarono le sepolture con editto di Saint Cloud del 12 giugno 1804; Si soppresse le corporazioni, le congregazioni, le comunità e le associazioni ecclesiastiche di qualunque natura e denominazione; S’istituì i tribunali e le Leggi con diritti e doveri unificati per tutti i ceti sociali. Per la spartizione delle terre si fecero delle aste. A Sambiase si svolsero all'interno della chiesa Matrice. I nobili e i loro vassalli fecero man bassa. Tra costoro anche il clero locale nella persona dell’arciprete Antonio Sirianni ed altri come don Bruno Daudino suo sostituto. La ribellione della popolazione fu terribile tant'è che vennero chiamati con nome di briganti ed in modo particolare quelli di Sambiase erano i più numerosi della provincia come scrive Giuseppe Galanti. Le sepolture di costoro nei documenti parrocchiali avvennero nelle più disperate località del Mandamento di Sambiase. Chi sui monti S.Elia e Mitoio. Chi nel fiume Amato. Chi nelle disperate carceri di Monteleone e Napoli. Le loro teste a Sambiase nei panieri. Il patibolo pubblico al fianco del muro della congrega dell'Immacolata. Si creo odio su odio per generazioni. Con l'Unità d'Italia le antiche famiglie consolidarono il loro predominio sulle terre ecclesiastiche. Ma la loro capitolazione era alle porte. Alle soglie dell'900 la piccola "signoria" ed il clero locale che per secoli vissero nel lusso e nella corruzione si disciolsero come la cera su "orfani" altari! Liti e processi per la spartizione dei beni da parte di eredi legittimi e non. La lungaggine delle sentenze fece scrivere a qualcuno dei libretti come un esultanza di vittoria di Pirro. Accadeva che l’interno di questi nostri palazzotti si alzarono le mura tra questa e quel’altra famiglia. All'esterno delle facciate seicentesche si propongono balconi e finestre che deturparono la magnificenza e lo sfarzo che corrispondeva alla consistenza economica e alla posizione onorifica. I portoni furono eliminati e i loro vagli divennero un comune orinatoio in tutti i paesi del circondario! Il triste privilegio delle casta fu quello di essere stati documento per gli storci. Fautori di un certo sottosviluppo della popolazione. L'auspicio alle nuove generazioni al cambiamento tenendo conto del passato disfacimento.