memorie

A CORONA DORICA

di Francesco Gaspare La Scala (addì 17 febbraio 2019)

Da Sambiase fino a Capo Suvero. Lievemente adagiato sulle falde smeraldine del Monte S. Elia e dei suoi roridi contrafforti. Percorso da arcani sentieri, ombrati da intrecci di rami di mirto e di olivo , dove le orme pudìche degli zoccoli di fauni che inseguono le gaie ninfe sono ancora leggibili per chi non ha mai litigato con le Muse.

 Riflesso in un arco di mare turchese e cobalto e immerso in un'aura che appalesa senza sosta echi remoti di antichi linguaggi. E' questo il luogo ameno dove si nasconde la "Corona Dorica" , tesoro culturale lametino, in gran parte, ancora, da riportare alla luce.

Definirlo non è un'operazione semplice. Per rilevarne le tenui tracce in sottilissima filigrana filologica sono occorsi decenni di riflessioni e studi su apparenti banalità o insussistenze, giudicate tali dalla cultura da parata, distratta e indolente
Un'indagine umile, ma serrata ed instancabile, su lunghe sequenze di toponimi e di onomastici e su concatenazioni di sottostanti fatti storici, ha messo in evidenza che proprio su questo territorio si è diffusa ed innestata una presenza greco-dorica difficilmente contestabile , che ha lasciato tracce chiare ovunque e che ha trovato, poi, continuità nel tempo trasformandosi, nei secoli, in eredità bizantina.
Elemosina, Priano, Zupello, Zinnavo, Zaffina, Davoli, Mercuri, Cimino, Sant'Eufemia, S. Sofia, S. Biagio, S. Trada, Santi Quaranta, S. Sidero, S. Minà, S. Ermia, S. Elia sono solo alcune delle splendide tessere di questo complicato e misterioso mosaico.
Gli scritti, i documenti e gli apparati di questa lunga ricerca che hanno consentito l'emersione e l'individuazione di questo inusitato giacimento culturale che abbiamo definito "Corona Dorica" saranno presto oggetto di pubblicazione.
Ne è autore mio fratello, Benito La Scala, che ha dedicato all'argomento tutta la sua passione e tutto il suo indiscusso amore per la nostra terra. Io stesso ne sono stato testimone nonché modesto collaboratore, con le mie limitate competenze,
Sono certo che la fruibilità dei vari capitoli della ricerca, (già peraltro pubblicati a partire dal 2003 sulla Rivista "Storicittà") in un unico testo, darà impulso ad una corrente di approfondimenti e di nuove e fertili ipotesi di studio in argomento.
Sarebbe bello poter pensare ad una nutrita schiera di giovani filologi lametini che prendesse in carico entusiasticamente il compito di proseguire efficacemente questi scavi archeolinguistici e diventasse tanto esperta da poter distinguere agevolmente il dialetto greco "Doris severior " ( a trattamento aperto) dal "Doris mitior" ( a trattamento chiuso) come teorizzato da H. L. Ahrens , oltre a saper ben districarsi tra tutti gli altri dialetti che abbiano interessato la Magna Grecia prima della Koiné.
Intanto la riscoperta di un segmento culturale di così grande importanza per i nostri luoghi diventa un fatto acquisito e non sarà più possibile obnubilarne in qualsiasi modo la preziosa traccia faticosamente portata ad emersione.
Ne trarrà, auspicabilmente, grande vantaggio la coesione identitaria delle diverse anime lametine che si ritroveranno una più ricca eredità culturale comune da tramutare in migliore vivibilità socio-economica del territorio.